È
considerato il padre del prêt-à-porter made in Italy. Il fashion designer
nostrano che non sopportava di essere rinchiuso tra categorie e regole. L’uomo
che ha permesso alle donne di non dover scegliere tra un bell’abito e una
vacanza da sogno, ma di poter permetterseli entrambi. Di andare incontro alla
vita, come suggeriva lui.
Walter
Albini era così. Amava viaggiare e conoscere, e desiderava che anche le donne
per le quali progettava le sue creazioni fossero libere.
La
vita dello stilista è, infatti, in continuo movimento tra spazi, tempi, tendenze,
personaggi. Nato nel 1941, frequenta l’Istituto d’Arte Disegno e Moda di Torino
e, a soli 17 anni, inizia a collaborare con giornali e riviste, raccontando
tramite i suoi schizzi le sfilate d’alta moda di Roma e Parigi. In questo
periodo incontra Coco Chanel, che lo sconvolge e lo ispirerà per tutta la vita.
Lavora
per Krizia, Karl Lagerfeld, Billy Ballo, Cadette, Trell.
Negli
anni ’60 disegna per le più importanti piccole industrie di moda italiana e per
il marchio Cole of California.
Risale
al 1970 la sua prima proposta “unimax”, che prevede un’uniformità di taglio e colore
per uomo e donna.
Il 1970 è anche l’anno della sua audace
collezione “Anagrafe”, presentata a Pitti, nella quale sfilano otto spose con
abiti lunghi di colore rosa e otto vedove in abito nero e corto; si tratta di
abiti di ispirazione anni’20, ricchi di decori e perline. Nella visione
dell’eclettico stilista, le donne hanno il capo coperto con veli di varie
lunghezze, e la purezza e semplicità, unita alla sobria eleganza delle spose,
si affianca alla modernità degli abiti dal sapore etnico e ribelle delle vedove.
Nel
pieno della popolarità, conteso dalle case di moda, Albini collabora con cinque
differenti marchi industriali che si sono coordinati in un unico progetto, e lancia
una sua linea che presenta a Milano, sancendo la nascita del prêt-à-porter italiano.
Nella passerella milanese dello stilista sfila una donna che indossa
chemisiere, giacca e pantalone. Con la sua collezione, Albini affascina la
stampa estera che gli assegna il nome di “Saint Laurent italiano”, quella
italiana, invece, non ne comprende il genio innovatore e libero. Per lo
stilista è, infatti, fondamentale “la libertà di vestirsi fuori dagli schemi”,
e dunque nei suoi abiti - e nei suoi consigli di stile - dà ampio spazio alle combinazioni,
agli accostamenti insoliti, alle novità.
Nel
1973, dopo aver rotto l’accordo con i 5 marchi di moda, Albini presenta la
prima linea che porta il suo nome a Londra e organizza una suggestiva sfilata a
Venezia, al caffè Florian.
Nel
1975 a Roma presenta una collezione di Alta Moda ispirata a Chanel e agli anni ’30
- 40, dichiarando definitivamente il suo amore per quell’epoca e quello stile.
È il trionfo del rosa, suggellato anche dalla colonna sonora: 25 diverse
versioni de “La Vie en Rose”. Gli abiti sono sobri ed essenziali, nello stile minimal
che contraddistingueva Chanel.
Già
negli anni ’80, però la popolarità dello stilista perde smalto, anche per via
del suo spirito ribelle che mal si adatta alle “etichette”.
La
sua vita intensa e creativa termina all’età di soli 42 anni, ma l’impronta che
il suo stile e il suo esempio hanno lasciato rimangono indelebili nel percorso
della moda italiana.
Virginia Mazzotti